Una visione della sofferenza trae origine dall’attaccamento al desiderio, non al desiderio stesso.
Lasciare andare, per scelta o obbligo non ha importanza, oggetti o persone, ai quali abbiamo incosapevolmente delegato il soddisfacimento di bisogni può essere davvero complicato quando hanno fatto parte della nostra storia.
Il desiderio che ci ha portato verso quell’oggetto o persona, era vero o indotto da un ambiente che ci ha fatto credere essere vero?
La risposta a questa domanda è una possibile origine della sofferenza.
Oggi ho lasciato andare la “mia” casa, dentro c’è tutta la mia storia: staccare quella foto in moto in quel luogo con quella persona, mettere in una scatola quel libro regalato da quella persona con la quale ho condiviso quell’emozione in quel momento, incartare quel bicchiere regalato in quel ristorante con quella persona, portare via gli abiti indossati per quel lavoro il cui bilancio dare/avere è decisamente scompensato, quei mobili scelti in quel luogo con grande cura e attenzione. Una sofferenza indicibile. Perché questa sofferenza? Perché avevo scelto di comprare quella casa? L’ambiente nel quale sono inserito mi ha fatto credere sia importante “possedere” (avere?) una casa, tanto da sacrificare (dal latino sacrificium, sacrum+facere = rendere sacro, la dice lunga…) la vita. Per permettermi quella casa, “devo” guadagnare quei soldi, quindi “devo” fare un lavoro che me li faccia guadagnare, per il quale “devo” fare ogni giorno, per anni, qualcosa che non mi va e anzi, racconto anche che mi piace, per raccontarlo a loro o a me? E questo vale per ogni cosa, auto, moto, vestitini, vacanze, e coinvolge noi e chi ci sta intorno, cosicché già lo trasmettiamo ai nostri figli colmandoli di ogni cosa superflua “perché mio figlio mi piace sia vestito bene”, “abbia tutto quello che non ho avuto io”, “ce l’hanno tutti, come fa senza? Si sente emarginato”.
E lo stesso facciamo con le persone.
Qual è il vero bisogno? Amare o colmare il senso di solitudine? Soddisfare il bisogno? Cosa c’entra con l’Amore? Amare è donarsi, o meglio, il dono di sé. Incondizionato. Se c’è un bisogno da soddisfare, diventa scambio commerciale, affari. Dove c’è un bisogno, c’è desiderio. Se non è legato alla sopravvivenza fisica, è scelta. Ovviamente in tutto questo siamo circondati da complici inconsapevoli, una intera società, che è composta da individui, ed è connivente con noi rendendoci vittime e carnefici.
Che cosa è che cosa? Se ci soffermiamo a riflettere, ci rendiamo conto di quanta strada c’è ancora da fare…
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