Rubando a Sara il suo post su Instagram dei giorni scorsi, “sono consapevole che questo mio commento rischierà di farmi perdere milioni di followers” :-), domenica scorsa alle 21.30 ero a letto e della partita mi sono “gustato” esclusivamente gli schiamazzi, botti, clacson andati avanti fino a notte inoltrata.
Nato e cresciuto in una famiglia in cui il calcio era molto più di una religione in quanto in casa ho visto leggere ogni giorno Tuttosport e mai la Bibbia, si andava allo stadio ma non a messa, papà è stato un calciatore dilettante, suo fratello (mio zio) calciatore e allenatore di discreto livello, beh questo sport ha smesso di interessarmi dal primo grande scandalo “Calcioscommesse” di cui fui spettatore negli anni ’80 che mi fece nascere la convinzione che in uno sport nel quale girano tanti, tantissimi soldi e interessi personali e in un Paese nel quale gli organismi di controllo sono i primi conniventi nel malaffare, chi viene beccato con le mani nella marmellata spesso non solo non viene punito ma spesso gli viene anche detto che è un figo e le persone hanno la memoria non corta ma cortissima (tanto per dirne una, quel Pablito tanto osannato per le notti Mundial fu condannato per il calcioscommesse) di pulito non può esserci niente e quindi non avrei mai più creduto ai risultati in campo,. Visto che di scandali simili ne sono venuti fuori molti altri, la mia convinzione rimane.
Qualcuno dirà che anche nel basket NBA, che seguo dalla prima partita trasmessa in Italia il 31 gennaio 1981 su PIN (Prima Rete Indipendente) e vidi quelli che mi sembrarono marziani della palla a spicchi, anche lì girano paccate di soldi e anche lì ci sono stati degli scandali, la differenza è che lì, quando li beccano la pagano cara non solo dalla giustizia ordinaria (un arbitro che fu beccato a fischiare falli inesistenti per indirizzare le partite verso le scommesse non finì neppure la partita che lo portarono in galera e ci rimase) ma anche dal pubblico che non perdona e non dimentica; ne sa qualcosa quello che è probabilmente il più grande di tutti i tempi, Michael Jordan, che quando venne fuori fosse implicato in un giro di scommesse extra basket (cavalli, carte e simili) in cui era coinvolto un personaggio in aria di mafia, venne nesso alla gogna e rischiò di ritirarsi anzi tempo, perdendo infiniti contratti milionari con gli sponsor. Fu solo grazie a scuse pubbliche, incredibili risultati in campo e anni da “bravo ragazzo” dandosi da fare con la beneficenza e cose simili che riuscì a rifarsi un’immagine pubblica per risollevarsi e, comunque, malgrado sia unanimemente riconosciuto come il più grande di tutti, ancora oggi molte persone hanno dubbi su di lui e io stesso lo ammiro come atleta molto meno per ciò che ha fatto fuori dal campo; molti altri giocatori caduti nello stesso errore sono spariti nell’oblio. Naturalmente non sono così ingenuo da credere che in USA tutto sia bello e magico, tutt’altro e l’ho visto con i miei occhi durante i miei viaggi, per esempio, visitando le riserve indiane, la mia è un’opinione puramente riferita ai due sport di riferimento per le masse.
Ma a parte questo, sono stato colpito da alcune cose che ho osservato in questi giorni. Innanzitutto la solita polarizzazione uscita nei social tra il partito “pro festeggiamenti” contro il partito “cosa c’è da festeggiare”. Mi ricordo come fosse ieri che quando vincemmo il famoso Mundial anche io, allora sedicenne, di rientro anticipato e frettoloso da un magnifico picnic sul Ticino completo di grigliatona e riso in insalata, guardai la partita alla tv con amici e parenti e poi mi fiondai in strada a festeggiare sul mio motorino suonando all’impazzata. Non mi fregava nulla del calcio, ma fui coinvolto dall’euforia, dal bisogno irrefrenabile di “sentirmi parte di”.
Quindi nel passato sono stato nel primo partito, le mie preoccupazioni di allora erano avere i soldi per la miscela, se il coach mi avrebbe fatto giocare nella partita di basket successiva, il timore di essere interrogato a scuola e, al futuro, forse nemmeno ci pensavo; oggi, vedendo con altri occhi il mondo circostante, mi sento più vicino all’altro partito, con la situazione economica, politica, sociale che stiamo vivendo.
Quindi una visione infantile e una più “matura”? No, non credo.
Esattamente come nella politica, entrambi i partiti hanno le loro motivazioni per agire come agiscono, senza ragioni e senza torti, semplicemente mossi da bisogni diversi. Ho letto tanti post di persone indignate per il fatto che moltissimi siano scesi in piazza a festeggiare per la vittoria in una partita di calcio mentre, al contrario, pochissimi scendono in piazza per protestare contro la perdita di diritti sociali utilizzando l’espressione “panem et circenses”, sottintendendo che i “soliti” cattivoni che governano, come nell’antica Roma, darebbero al popolo frumento (panem) e lo sport (circenses) per ottenere consensi.
A prescindere che ritengo del tutto fuori luogo il paragone, credere che la consapevolezza sociale diffusa di oggi sia paragonabile a quella di Roma è del tutto fuorviante, oggi il livello culturale e di civiltà medi non sono nemmeno lontanamente confrontabili, per esempio i bambini maschi nati deformi, malati o semplicemente non voluti venivano bellamente passati a fil di spada o gettati in qualche buca vivi “Abbattiamo i cani rabbiosi, uccidiamo il bue selvaggio e riottoso, trafiggiamo con il ferro le bestie malate perché non infettino il gregge, soffochiamo i feti mostruosi, ed anche i nostri figli, se sono venuti alla luce minorati e anormali, li anneghiamo, ma non è ira, è ragionevolezza separare gli esseri inutili dai sani” scriveva quel filosofo Seneca spesso citato per la sua saggezza mentre le figlie femmine “Se potessimo vivere senza donne faremmo volentieri a meno di questa seccatura (molestia)” scriveva un politico del tempo citato nientemeno che da Augusto in un discorso e, sia bambini maschi che femmine venivano venduti senza grandi problemi come schiavi; rifletterei anche su altre evidenze: innanzitutto ogni nazione ha il suo sport nazionale, in molte aree del mondo del calcio interessa poco o niente, quindi i famosi “cattivoni” sanno anche benissimo in quale continente/nazione quali “circenses” dare, del “panem” neppure parlo perchè in ogni luogo ce n’è uno diverso che richiede ingredienti diversi, quindi politiche agricole diverse, dove c’è il panem, visto che circa un miliardo di persone nel mondo non ha da mangiare nè da bere a sufficienza. Ma, si sa, i luoghi comuni spesso vengono usato a sproposito e, soprattutto, sono duri a morire.
La cosa che più mi ha colpito in questa divisione ”festeggiamo” VS “cosa ti festeggi” è che gli esponenti dei partiti si danno ragione e tacciano quelli della parte avversa di non essere “consapevoli”, di “non capire”, di “non vedere”, “di essere “addormentati” e altre affermazioni simili già lette millemila volte su altri temi.
Ai tempi del Mundial avevo 16 anni e ancora non sapevo nulla nè di cosa fossero i bisogni più importanti degli esseri umani, nè di cosa fosse la consapevolezza. E, per esempio, quali sono questi bisogni? Quelli che riguardano la sopravvivenza fisica come mangiare, bere, dormire, coprirsi dalle intemperie, difendersi dalle aggressioni, e poi ci sono quelli prettamente inerenti la sfera della psiche che, per riassumerli, si possono racchiudere in due principali entrambi essenziali ovvero identità “chi sono” e appartenenza “con chi sono chi sono”.
E quì entra in ballo la consapevolezza, in quanto se non si è, appunto, consapevoli ovvero “conoscenti” di quali siano questi bisogni e quali siano le modalità per soddisfarli apprese dal contesto in cui si è cresciuti e in cui si vive, potrebbe succedere che tali modalità possano essere un bene per me e meno bene per la comunità o viceversa. Se sto morendo di sete posso ottenere un bicchiere d’acqua chiedendolo gentilmente o con un coltello in mano, questo dipenderà solo ed esclusivamente da quale scala di valori il contesto di crescita mi ha trasmesso. Lo stesso per l’identità e l’appartenenza, posso soddisfare il primo come Hitler o come Nelson Mandela e il secondo seguendo un dittatore on un attivista per i diritti umani.
Ma la “consapevolezza” chi me la da? E poi cosa si intende per “consapevolezza”? Beh personalmente intendo quella conoscenza che porta ogni individuo a sentire, pensare, parlare agire nella direzione del bene, dell’amore e della giustizia per tutti gli esseri viventi. Un’utopia? Non direi, visto che nella Storia ci sono state moltissime persone che hanno mostrato con il loro esempio questa via, alcuni molto noti altri meno. Quello che ho appreso sul mio cammino è che la vita da ad ogni individuo in qualunque istante dell’esistenza la possibilità di elevare la propria consapevolezza, cogliere questa opportunità o meno è una scelta che sorge interiormente e nessuno può imporla da fuori. Per me lo stimolo è venuto dalla malattia, per un altro può essere la lettura di un libro, o l’incontro con una persona, eventi che portano a voler conoscere meglio sè stessi e, di conseguenza, il mondo circostante.
Nella mia esperienza di vita è stato fondamentale comprendere che non è “una colpa” non essere consapevoli, concetto difficilissimo nel nostro contesto culturale, si può parlare di “responsabilità” (= essere abili a rispondere) ma solo nel momento in cui si comincia ad “accorgersi” di cosa accade. È una mera illusione ritenere “responsabile” di un’azione chi non si accorge delle conseguenze di averla commessa, è evidente che non ha nè gli strumenti nè le capacità per agire in altro modo che non generi sofferenza a sè e/o agli altri, altrimenti farebbe diversamente.
È un concetto estremamente semplice che in alcune culture è dato per scontato e passato di generazione in generazione, eppure difficilissimo da comprendere nella nostra “civilissima” cultura occidentale nella quale spesso non è chiara la differenza tra “colpa” e “responsabilità” rendendoci, di fatto, tutti colpevoli e responsabili di ogni cosa e quindi di niente. Questo, per me, è ciò che impedisce davvero che le persone possano essere unite verso il bene, anzichè separate e combattersi a vicenda discutendo all’infinito su chi faccia il male ritenendo di sapere cosa sia.
Un abbraccio.
Carlo
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