Perché mai dovrei cambiare?

2 Ottobre 2020

Questa è una delle affermazioni che spesso si sentono, soprattutto in ambito di relazioni privilegiate, quelle nelle quali c’è più confidenza e ci si sente di poter chiedere all’altro il cambiamento di un comportamento, un atteggiamento, una modalità che in qualche modo ci irrita.

Anche di fronte all’evidenza riconosciuta da noi stessi, ovvero che sarebbe importante cambiare qualcosa nella nostra vita, sentiamo quella vocina dentro che chiede “Perché mai dovrei cambiare?“.

Il verbo “dovere” suona male nel nostro dialogo interno, in quanto immediatamente ci riporta all’infinita serie di doverizzazioni che nella vita, sin dalla prima infanzia, siamo stati costretti a subire: “devi/non devi fare/non fare questo o quello“, solitamente i “non devi” erano riferiti alle cose che piacevano di più e i “devi” a quelle che ci piacevano di meno, pertanto è cresciuta in noi una sorta di allergia al “dovere”.

Oggi molto meno di una volta, l’educazione era infarcita di “senso del dovere”, quella cosa che ci allontana sempre di più da ciò che davvero sentiamo e siamo nella nostra essenza più autentica; ci allontana per una ragione molto semplice: in natura il verbo “dovere” non esiste, la natura non fa niente perché “deve“, solo gli esseri umani. Come ci ricorda un grande Maestro contemporaneo, Gregory Bateson, tutti i problemi degli esseri umani nascono dal fatto che agiscono in direzione esattamente contraria alla natura.

Chi frequenta i percorsi formativi di Terre d’Ascolto sa che nell’utilizzo del linguaggio, sia nel dialogo interno che in quello esterno, è molto meglio iniziare a sostituire il “devo” con “posso” o “scelgo per rendersi conto che già qualcosa cambia nel nostro modo di vedere la vita.

Tornando alla domanda del titolo, mille volte anche io me la sono posta e, nel tempo, ho imparato a riconoscerla come un campanello d’allarme che mi dice: sei di fronte a qualcosa che ti richiede impegno, cosa senti? A volte la risposta è: senso di inadeguatezza.

Oggi, rispetto al passato, la vita ha aumentato il livello di complessità e anche solo l’acquisto di uno smartphone (uno strumento divenuto indispensabile che ci permette, tra l’altro, di soddisfare attraverso i social tutta una serie di bisogni indispensabili come l’identità e l’appartenenza) richiede una certa dose di impegno, tanto che ci sono molte persone che si trovano in enorme difficoltà, perché si sentono in qualche modo inadeguati al procedere di un progresso sempre più invadente nelle nostre vite.

Viviamo l’epoca nella quale è “vietato vietare e questo periodo di Covid ci ha messo di fronte a una serie infinita di divieti che, riportandoci ai “devi/non devi” hanno generato in molte persone una enorme difficoltà a livello psicologico.
Questo “vietato vietare” è una sorta di “tu puoi fare quello che vuoi ,nulla ti è proibito“, qui la persona non viene più misurata, valutata nella sua etica, bensì misurata esclusivamente nella sua capacità di raggiungere il massimo degli obiettivi con il minimo delle risorse, obiettivi che vengono alzati di un pochino ogni anno. Tutto ciò ha fatto nascere una nuova forma di depressione, assolutamente sconosciuta sino ad oggi. Una volta la depressione veniva generata dai sensi di colpa a cui non si riusciva a porre rimedio, principalmente riguardanti il passato; oggi, invece, non c’è più senso di colpa, perché essendo “vietato vietare” non c’è più una morale comune che colpevolizza, di conseguenza la depressione è fondata sul senso di inadeguatezza, sulla competizione forsennata in ogni ambito della vita e che ci porta a sentirci inadeguati rispetto a qualunque cosa, anche rispetto all’acquisto di uno smartphone.

La trappola è che non ci troviamo più nel tempo di permesso/proibito, ma del “ce la faccio/non ce la faccio“, da cui dipende anche la sopravvivenza in termini economici, perché se il collega di lavoro è più efficiente nel raggiungere gli obiettivi, mi passerà sopra e perderò il posto, quindi il mio collega diventerà un nemico: salvaguardando la maschera sociale, davanti a tutti lo tratterò da amico.

La riflessione che porgo è che la domanda “perché mai dovrei cambiare?” si trasformi in una nuova consapevolezza che diventi “scelgo di trasformare”, affinché il mondo possa transitare dalla competizione alla cooperazione, da vietato vietare a possibilità di essere.

Di questo e altro parlerò nella diretta del prossimo lunedì 5 alle ore 19 sui canali social di Terre d’Ascolto.

Grazie per avermi letto.

Un abbraccio.

Carlo

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