Da appassionato motociclista, si potrebbe pensare mi riferisca alla velocità, invece no, mi riferisco alle lettere, o caratteri. Quello che ha inventato gli sms, di certo, se avesse immaginato quale rivoluzione avrebbe portato, forse ci avrebbe pensato meglio prima di renderla pubblica. O forse no, in un mondo che va a rovescio, dove in cima alla piramide dei valori c’è il denaro, di certo nessuno rinuncerebbe a tali guadagni.
La comunicazione in ogni ambito, ormai, va a 160 caratteri, qualunque cosa li superi, fosse la più interessante, non viene neppure presa in considerazione. Il successo di Twitter ne è la conferma. Da qui, ovviamente, nascono e si dilagano tutte le storpiature del linguaggio che stanno facendo perdere il corretto modo di scrivere le parole e anche il loro significato vero. Un messaggio su Facebook che superi le tre righe, non ci si ferma neppure; i quotidiani sul web si sono adattati: facendo due formati, quello gratis ha gli “estratti” brevissimi degli articoli, quello a pagamento ha gli articoli completi, numero degli abbonati a pagamento vicino all’infinitesimo. Ne consegue una formazione culturale e sull’attualità ristretta, “riassuntiva” che diventa deforme, informe.
Le persone non hanno tempo o non hanno voglia di approfondire?
I luoghi deputati alla lettura sono cambiati, una volta erano biblioteche, parchi, giardini, la poltrona di casa, il bar. Oggi si legge “mordi e fuggi” sul telefonino o altro supporto, mentre si aspetta l’autobus, in metro, mentre fai la fila alla posta. Da qui la “necessità” di leggere testi brevi, a volte da già fastidio chi scrive sms troppo lunghi.
Cosa porta tutto questo?
Guardiamo i social, pullulano di citazioni di altri, per quanto possano essere divertenti o profonde, ma pur sempre di altri. Le persone usano sempre meno il proprio pensiero: trovo una frase carina, che sia breve, clicco “condividi” e il gioco è fatto, le persone pensano che sono intelligentissimo, perché ho trovato questa cosa carinissima da diffondere. Da un lato può andare anche bene, si fa divulgazione di Osho, Krishnamurti, Coelho, tra quelli che vanno per la maggiore, ma quanto realmente passa di questi pensieri nobili? Li condivido perché li sento miei, mi risuonano o perché sono e fanno “fighi” in un mondo dove l’immagine da esteriore sta diventando anche interiore?
I messaggi che porterebbero a riflessioni per togliere le maschere, ne stanno creando di nuove?
Lo sviluppo del proprio pensiero è la crescita dell’uomo verso la propria unicità, cliccando “condividi” il pensiero resta quello di chi ha scritto in origine. E sfioro solo i risvolti nella qualità di relazione di tutto ciò, ovunque intorno a noi persone, coppie, amici, con lo sguardo spiaccicato al cellulare o smartphone o tablet, non si parlano più, stanno fianco a fianco al ristorante, al pub, in tram, persino in piscina, senza parlarsi, fissi sul monitor, oppure rispondendo distrattamente a chi gli sta di fronte, tra un sms, un tweet, un “mi piace”, e l’altro. È necessario che il buon esempio verso la riscoperta dell’importanza della lettura arrivi dagli adulti, i quali insegnino che la comunicazione “liquida” è uno strumento da usare non da abusare.
Purtroppo, non ci pensano nemmeno, sono impegnati a twittare.
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